Le produzioni animali rappresentano un campo della scienza che, nel recente
passato, ha subito una veloce e profonda evoluzione dei propri obiettivi. Al
fondamentale ruolo di apporto di nutrienti per l’uomo, si sono progressivamente
affiancate esigenze di tipo funzionale/nutraceutico (apporto di acidi grassi delle
serie omega 3, CLA, peptidi ad azione bioattiva nei prodotti stagionati). Negli ultimi
anni questi obiettivi sono stati traslati a ruolo di prerequisiti. Sono emersi in
maniera importante esigenze da parte del cittadino sempre più sensibile a
tematiche come il rispetto dell’ambiente, del benessere dell’animale, dell’utilizzo
responsabile degli antibiotici e di un sistema etico di macellazione. Il sistema di
produzione zootecnico è chiamato a confrontarsi e a dare risposta a queste esigenze
che impongono un cambiamento anche nel modo di approcciarsi all’allevamento. Ciò
può essere ottenuto mettendo al centro dei sistemi produttivi l’animale, la sua
salute, il suo benessere, il suo stesso “essere”.
Da sempre, la tecnica di produzione zootecnica, coincide con la salute genetica e
fisiologica dell’animale, ma in questo periodo storico siamo chiamati a fare di più.
Tutte le strategie e gli approcci devono essere messi in atto al fine di salvaguardare
non solo l’animale, ma piuttosto tutto l'organismo caratterizzato dalla convivenza di
agenti biologici che non condividono lo stesso DNA dell'animale ma che hanno un
qualche “mutuo interesse” (Asgrari, 2014). Riuscire a ottimizzare le condizioni di
salvaguardia della convivenza simbiotica significa cogliere appieno gli obiettivi di
produzione, di qualità delle produzioni, di impatto sull’ambiente, di benessere
dell’animale. Sicuramente tutto ciò deve essere ottenuto da più direzioni: sistema di
allevamento, gestione dei pascoli e dei foraggi, miglioramento genetico,
alimentazione, approccio sanitario profilattico e terapeutico.
Le diverse categorie di animali e le differenti fasi di allevamento devono essere
gestite in maniera anche molto diversa una dall’altra, perché molto diverse sono le
esigenze che le caratterizzano. L’intervento puntuale e di precisione pare essere una
strada quasi obbligata. L’alimentazione e la parte di questa rappresentata dai
mangimi e dalla mangimistica assumono certamente un ruolo centrale nel
raggiungimento di questi obiettivi. Per le specie ruminanti la salvaguardia
dell’olobionte (l’organismo caratterizzato dalla convivenza simbiotica di agenti
biologici che non condividono lo stesso DNA) è un concetto
ormai assodato e gran parte dei modelli di alimentazione va in questa direzione
già da alcuni decenni; per le specie monogastriche forse questo concetto è meno
“immediato”. Il saper formulare una razione con l’obiettivo di bilanciare gli elementi
nutritivi che è opportuno giungano non digeriti all’intestino e quelli che invece è
opportuno che non vi giungano, è uno degli aspetti maggiormente intriganti,
impegnativi e meritevoli di attenzione scientifica.
Tratto da: Mangimistica sostenibile, a cura di Giuseppe Pulina, edagricole,2022.
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